Emozionarsi è un valore aggiunto.
Eppure c’è qualcuno che lo considera un difetto. Un segno di debolezza, di scarso equilibrio interiore, di nodi irrisolti su cui dover lavorare con urgenza.
Certo, emozionarsi fa anche male. Perché non esistono solo le emozioni piacevoli. Io, personalmente, mi emoziono fino a soffrire terribilmente ogni volta che vedo un abuso verso gli animali. Mi è capitato di recente di guardare un servizio sui maltrattamenti dei maiali negli allevamenti. Se non hanno il peso giusto vengono eliminati, se si rifiutano di camminare verso i camion della morte vengono picchiati e pungolati. Se stanno male vengono lasciati a morire agonizzanti. Mi stupisco di chi non sta male di fronte a questo orrore. Eppure la soluzione preferita dalla maggior parte della gente è voltarsi dall’altra parte. Nonostante ora sia tutto chiaro, nonostante si sappia cosa succede. Grazie a persone straordinarie che sono andate e vanno a documentare questo orrore. Queste persone meriterebbero un Nobel.
Chi resta, chi guarda, soffre. Soffre ogni volta, mai meno di prima, semmai di più. Perché questa crudeltà porta a perdere la fiducia nella razza umana. Perché c’è gente che si alza la mattina per andare a torturare e viene pure pagata. E passa anche per martire. Con tutti i dolori che infligge quotidianamente.
I miei corsi di scrittura emozionale partono dalla consapevolezza che un’emozione non va mai soffocata, repressa, rinnegata o giudicata. Eppure va per la maggiore sentirsi superiori di fronte a una persona che piange. Quando il vero problema è di chi resta con la faccia di bronzo. Chi si mette allo scoperto, chi ha il coraggio di piangere, non è debole. Semmai è forte, coraggioso, e la sua vita di certo sarà più ricca di quella di tanti altri indifferenti.
Emozionarsi è un valore aggiunto. Lo dico e lo ripeto per i pochi che sono in grado di farlo.