Il mio Oriente Occidente 2024
Ogni anno è forte e travolgente l’entusiasmo che mi porto a casa, al termine di Oriente Occidente, con effetti positivi sull’umore, sull’immaginazione e sulle nuove idee.
La danza è l’arte che sento più vicina a me, parte della mia vita e della mia energia creatrice.
Sono ormai un’affezionata del festival, di anno in anno segno sempre sul calendario quei giorni a Rovereto che si trasformano in occasione per scoprire ogni volta un nuovo pezzetto di mondo. Per tutti gli appassionati della danza, certo, ma anche per chi desidera indagare con uno sguardo capace di spingersi oltre. Oltre le convenzioni, oltre i confini, oltre le distanze.
Ho avuto il privilegio di vivere pienamente i primi tre giorni di festival, dove si è sprigionata pura energia già la prima sera grazie al lavoro di Amala Dianor. Con lui, artisti di ogni parte del mondo chiamati a indagare le zone di luce e di ombra nelle nostre vite, le emozioni inconfessabili, le relazioni nelle loro intense e inafferrabili sfaccettature.
Poi sono tornata a Rovereto per la chiusura di questa edizione che ha visto oltre diecimila presenze in città per assistere agli spettacoli e partecipare a talk, concerti, performance site-specific. E sono rimasta a lungo senza parole al termine di Nomad, lo spettacolo di chiusura di Sidi Larbi Cherkaoui, nato ad Anversa da padre marocchino e madre belga-fiamminga. Basta questo dettaglio per intuire quanto l’attraversare mondi sia parte della sua storia. Nomad parla della traversata del Sahara. Un’esperienza autobiografica per il coreografo e una tappa spesso mostruosamente drammatica per migliaia e migliaia di persone. Il deserto è calore, freddo, solitudine, complicità, è speranza e disperazione, è fatica e solidarietà.
Nomad ci ricorda la nostra precarietà, ci mette a nudo di fronte a una natura potente, orgogliosa della propria bellezza. E ci racconta di donne e uomini coraggiosi, pronti a rialzarsi nonostante tutto, a compiere il viaggio e arrivare alla meta, riscoprendo risorse interiori spesso dimenticate.
Il mio Oriente Occidente 2024 è un insieme di emozioni intensissime, ma anche a rilascio lento e prolungato. Questi spettacoli, dove si osserva un livello così alto da non avere, a parer mio, eguali in Italia, sono una lezione e un monito. Mi ricordano l’appartenenza al Mediterraneo, anzi ai Meditarranei, come ci ha insegnato Lanfranco Cis, direttore artistico di Oriente Occidente. Mi ricordano il master in studi interculturali che mi ha permesso, 20 anni fa, di comprendere, sulla mia pelle, cosa significhi migrare, ripartire, integrarsi, senza perdere la propria identità. Gli incontri con l’altro hanno arricchito la mia esistenza. Anche i più complessi. Ora lo so, mi è chiaro, e ringrazio per averli potuti vivere e indagare. Non sarei la persona che sono, senza queste connessioni.
Arrivederci al 2025, Oriente Occidente.