Il ritratto del turista coatto.
Ce l’ho sotto gli occhi da sempre, perché sono nata in una delle città più belle del mondo. E ci vivo, o meglio ci sopravvivo, durante le famigerate feste. Ogni anno, puntuale, si presenta sotto ai nostri occhi il ritratto del peggio che offre il mercato. L’umanità più ignorante che decide di visitare la mia città quando in piazza Dante arrivano i noti mercatini di Norimberga. Che già il nome dovrebbe far pensare. Perché Norimberga se siamo a Verona? Amo la città tedesca e la conosco a menadito, ma onestamente siamo due cose diverse e non avremmo bisogno di imitare tradizioni non nostre diventando patetici. Cresciuta tra Bolzano e Vienna, so di cosa si parla quando si cita la famosa atmosfera natalizia. È un Natale dignitoso, discreto, delicato, anche per chi non crede, quello del nord. Fatto di momenti intimi, di casa, di amici, ma anche di pomeriggi sereni trascorsi in silenzio con una tisana e un gatto acciambellato sulle ginocchia, a leggere un libro. Qui è un tantino diverso. La gente coatta fa ore di coda per arrivare in città, naturalmente parcheggiando possibilmente a due metri dalla propria meta per non fare nemmeno un passo. Poi va a vedere un balcone finto di un’eroina, Giulietta, mai esistita, e chissà se ha mai aperto un libro di Shakespeare o ha visto uno spettacolo teatrale. Ma niente, ci va, per mettere il lucchetto con le iniziali del suo amore, o attaccando un bigliettino con la chewing gum, selfie di rito toccando il seno della povera statua della finta amata e amante, pestandosi poi i piedi con gli altri coatti per accaparrarsi un panino col würstel caro impestato nella vicina piazza dei Signori, fingendo di essere nel Nord Europa, giusto per dare uno sprint in più a quelle enormi panze piene di cadaveri. E poi torna, dopo i doverosi selfie davanti alla stella dell’Arena, il turista torna a casa tirando bestemmie perché c’è traffico. Ah no, anzi, le bestemmie non le tira. Perché la mattina va a messa ed è timorato di Dio, poi però darebbe volentieri un calcio nel sedere al primo immigrato che incrocia. Non affronto nemmeno l’argomento vino. Con gente che scuote i bicchieri di prosecco, atteggiandosi da intenditrice. E se beve un rosso non sa nemmeno di cosa stiamo parlando.
E intanto le librerie vuote (e a proposito di librerie e libri, qui alcune riflessioni su fortunate eccezioni, che ovviamente si guardano bene dal visitare Verona sotto le feste). A meno che non si trovino in vendita il souvenir o altre cose da mangiare pure lì. E i musei? Deserti, ovviamente.
Che livello infimo. Cara Verona, la gente che ti vuole ammirare non aspetta Santa Lucia, San Valentino. Non invade le tue strade obbligando i vigili a fare i sensi unici o alternati. Il ritratto del turista coatto, invece, è questo. Quello che viene qui per poi mettere su Instagram o Tik Tok che è stato qui. Senza aver capito nulla. Meglio non parlare neanche di Venezia. Per andarci non solo metterei il biglietto, ma farei fare prima un test di cultura generale…
Ci tocca avere pazienza fino al 6 gennaio, quando questa massa di ignoranti se ne torna a casina. A quel punto possiamo tornare a uscire di casa.
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