Il ruolo della donna nel rapporto fra politica movimenti e associazionismo

Il 4 agosto presso la festa democratica di Quinzano si è svolto un dibattito dal titolo: Il ruolo della donna nel rapporto fra politica, movimenti e associazionismo. Erano presenti: la senatrice Mariapia Garavaglia, la deputata Marina Sereni, la deputata Federica Mogherini, coordinate da me.

La serata è stata piacevole, con una buona partecipazione e attenzione da parte del pubblico, che mi ha trasmesso entusiasmo ed energia!

L’obiettivo del dibattito era quello di riflettere su come il partito possa valorizzare l’entusiasmo e la voglia di agire delle donne, e trasformarli in un progetto concreto e realizzabile.

E’ stato naturale ripercorrere quanto è accaduto in Italia lo scorso inverno e la scorsa primavera. In questi mesi le donne sono state protagoniste come non avveniva da decenni della vita sociale del nostro Paese. Il Comitato promotore Se non ora quando? ha coordinato le forze e l’entusiasmo di migliaia di donne, che il 13 febbraio sono scese in piazza insieme. Per molte e molti di noi si è trattato di una giornata che resterà impressa nella memoria: una giornata di entusiasmo, che ha visto donne e uomini scendere nelle piazze con la voglia di raccontarsi, protestare e indignarsi. Tutta la politica deve confrontarsi da oggi con questa realtà, in cui si sono ritrovate donne di generazioni diverse: c’erano le donne che hanno vissuto il femminismo in prima persona, e che si sono sentite obbligate a protestare, e insieme a loro c’erano ragazze che hanno subito un’immagine del femminile distorta e offensiva e con questa immagine sono cresciute: donne che finalmente hanno fatto sentire la loro voce, e indignazione nell’osservare come la presenza femminile sia stata e venga usata in maniera impropria e offensiva dalla classe dirigente politica, ma anche dai mass media. La donna nella pubblicità, nella televisione, negli ambienti della politica e del lavoro deve essere sempre in ordine, giovane, bella, senza rughe, e soprattutto disponibile. Questa sottomissione è un fatto talmente diffuso e scontato, da non suscitare spesso neppure indignazione. Purtroppo certe volte sono le donne stesse a mettersi in condizione di essere criticate, perché succubi di una mentalità conservatrice ancora diffusa, e non consapevoli delle loro potenzialità.

Questo per quanto riguarda l’immagine della donna, gli scandali sessuali e l’uso del corpo femminile come merce: ma c’è di peggio. I dati parlano chiaro: la crisi economica ha peggiorato le condizioni delle donne in genere e delle lavoratrici in particolare. Come ha detto una grande protagonista del 13 febbraio, l’Italia non è un paese per donne. Per quanto riguarda il divario di genere, siamo al 72esimo posto a livello internazionale, dopo Kazakhistan e Ghana! Le donne in Italia guadagnano meno dei loro colleghi maschi, a parità di mansioni. Le laureate sono il 60% del totale degli studenti universitari, eppure la disoccupazione e il precariato femminile toccano picchi mai raggiunti prima. Il direttore centrale dell’Istat è una donna, Linda Sabbadini, e grazie alla sua presenza e a quella delle colleghe le statistiche di genere sono diventate uno strumento di indagine sociale importantissimo. Ed è proprio la Sabbadini a far notare come la disoccupazione femminile incida terribilmente in Italia, trascinando il nostro paese agli ultimi posti delle classifiche internazionali. Il settimanale statunitense Newsweek ha dedicato recentemente un servizio al problema delle donne in Italia, rilevando come questo sia intimamente connesso con lo stato di salute della nostra democrazia. Dopo la nascita del primo figlio il 27% delle donne abbandona il lavoro. In Germania Angela Merkel ha triplicato gli asili nido, e la Germania è un paese in crescita. In Italia invece le donne rappresentano ancora il salario di riserva, e come ha detto Susanna Camusso segretaria generale Cgil, la manovra che sta pensando il governo è misogina! E’ una manovra che taglia i servizi, e senza servizi sociali un paese non può crescere, perché dove ci sono carenze nell’assistenza agli anziani, nei servizi della prima infanzia, nell’assistenza ai disabili, significa che le donne devono sopperire a queste mancanze: si occupano loro di bambini e anziani. Ma la maternità è un diritto! E lo è anche la realizzazione sul lavoro!

In questo senso le donne hanno una responsabilità straordinaria: salvare il paese dal degrado, e cambiarne le sorti.

Un passo politico importantissimo, che ha fatto emergere la ricchezza e la varietà di risorse nel nostro paese, è stato l’incontro del comitato Se non ora quando?, a Siena lo scorso 9 e 10 luglio: la continuazione organizzata di un movimento spontaneo: con la partecipazione di centinaia e centinaia di donne.

La parità per noi sembra un’utopia, ma se ci guardiamo intorno in Europa e nel mondo possiamo vedere che è realtà. E’ il momento di rivendicare anche in Italia ciò che è la normalità in tutta Europa, dove le donne contano, decidono, “esistono” e nessuno si sogna di proporle come puro elemento decorativo della politica o della società. Pensiamo alla Danimarca e all’Inghilterra, in cui a rappresentare il paese ci sono regine dotate di equilibrio e soprattutto buon senso, in grado di essere presenti senza mai creare imbarazzi e senza mai apparire fuori luogo. Le donne possono governare la Germania, dirigere la politica estera degli Stati Uniti.

Anche in Italia iniziamo ad avere qualche segnale positivo: le donne possono guidare la Confindustria, e diventare leader del più importante sindacato operaio. E sanno rivestire ruoli importanti con maestria, disinvoltura, autorità. Ma nonostante questo, nel nostro paese c’è ancora moltissima strada da fare per raggiungere la parità. Nel nostro paese la mentalità è ancora molto vecchia, e la politica è ancora considerata cosa da uomini. E’ inevitabile a questo punto ricordare l’annosa questione delle quote rosa. Le quote rosa sono uno strumento che in questo momento, piaccia o no, serve. Tanti di noi sognano una donna capo del governo senza quote rosa.  L’idea di ricorrere alla logica delle quote a volte può offendere, ci fa sentire specie protetta. Purtroppo però siamo ancora ben lontani da un cambiamento naturale delle cose, e dunque questa forzatura va interpretata come una garanzia.

Altro grande problema: la diffidenza delle donne e degli uomini nei confronti della politica e dei partiti. Superare la diffidenza è indispensabile per ottenere buoni risultati. La politica deve prendere esempio da quanto è successo il 13 febbraio, e deve imparare ad usare i mezzi di comunicazione che la società moderna offre. Pensiamo ai referendum della scorsa primavera: i Comitati del SI – perché dai comitati e dalle associazioni è venuto il principale impulso all’informazione sulle ragioni di quel voto – hanno lavorato soprattutto sul territorio, con gli strumenti nuovi che oggi, in modo autonomo dagli apparati politici, il territorio fornisce: il “porta a porta” ed i banchetti, ma anche Facebook, i blog e la posta elettronica.

I comitati e l’associazionismo acquistano un peso sempre maggiore. E sono vissuti come un’alternativa alla politica, l’unica possibile per chi dalla politica è deluso e disgustato. Specialmente le donne più giovani si avvicinano alla politica in modo indiretto e con sospetto, e si mobilitano più volentieri per il sostegno di determinate cause, invece di partecipare in maniera attiva militando all’interno di un partito. E’ più semplice far parte di un comitato che di un partito. In un comitato c’è una maggiore libertà di espressione e un minore impegno quotidiano, probabilmente.

Durante il dibattito sono emersi spunti interessanti. Le relatrici hanno portato la loro personale esperienza a testimonianza del difficile cammino che devono compiere le donne per vedere riconosciute le loro qualità e competenze negli ambienti della politica. Ma hanno anche sottolineato i cambiamenti positivi che stanno avvenendo nella nostra società: voglia di partecipare, coraggio nel manifestare la volontà di lottare per i diritti delle donne, sensibilità crescente da parte degli uomini e dei giovani nei confronti del divario di genere.

In conclusione della serata si è parlato anche delle prossime elezioni amministrative a Verona: l’arma vincente, su cui si dovrà insistere, sarà l’ascolto delle esigenze e delle problematiche sottolineate dai cittadini, con l’obiettivo di trasformare la città in una comunità di persone attente alle nuove criticità della vita sociale, e desiderose di entrare in comunicazione tra di loro, abbattendo pregiudizi e paure.

Non dovrà essere un’utopia, e le donne in questo avranno un ruolo fondamentale: la sensibilità insita nella loro stessa natura può in questa prospettiva diventare un’arma preziosa e vincente.

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Silvia Allegri
Silvia Allegri è giornalista, saggista e appassionata di animali. Organizza attività di approccio con gli animali, trekking someggiati e corsi di scrittura. Partecipa a seminari e conferenze. Per informazioni e contatti scrivi a silvia@silviaallegri.it
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