Lo scorso 8 maggio ho avuto il piacere e l’onore di partecipare al convegno organizzato da italiaambiente.it, dal titolo: “Alberi in città, una risorsa da tutelare”. Erano presenti l’arboricoltore Andrea Pellegatta, il Primo dirigente del Corpo Forestale dello Stato Paolo Zanetti, il direttore Scientifico del Parco Natura Viva Cesare Avesani. Ha coordinato la bravissima giornalista Elena Livia Pennacchioni.
Con il mio intervento in veste di Vicepresidente del Parco Regionale della Lessinia, ho scelto di dare spazio alle suggestioni che hanno sempre esercitato su di me gli alberi splendidi della nostra città, resi famosi da grandi artisti e intellettuali di passaggio a Verona, e testimonianza vivente della nostra storia. Gli alberi sono un anello di congiunzione tra noi e la Terra, un simbolo di vità, di sicurezza e di benessere.
Qui di seguito il mio intervento:
Convegno: Alberi in città, una risorsa da tutelare
Silvia Allegri, Vicepresidente del Parco Naturale Regionale della Lessinia
“Il patrimonio arboreo del territorio veronese”
Sono stata invitata a questo convegno in veste di Vicepresidente del Parco Regionale della Lessinia. E’ impopolare essere politici di questi tempi. Sarà però mio compito e una mia sfida dimostrare che, nonostante i tempi bui che la politica sta attraversando, ci sono ancora persone genuinamente appassionate e impegnate per il bene comune, in questo caso la tutela del nostro ambiente.
In questi giorni mi sono documentata sul tema “alberi”, scoprendo cose molto interessanti che riguardano il territorio veronese. Ad esempio, che esiste una lista di alberi monumentali, schedati e descritti nell’elenco regionale degli alberi monumentali, che ci dimostra come questi “giganti” siano presenti su tutto il territorio: Platano dei Cento Bersaglieri a Caprino, due castagni al Ponte di Veja; a Malcesine, ulivo di almeno 400 anni; a Cerro, un ibrido tra quercia c erro e sughera; a Erbezzo, un acero di monte e un noce di cento anni; sopra Erbezzo, magnifici faggi secolari, presenti anche verso malga Derocon; un frassino dentro una cappella a Mizzole, Montorio; due Ginkgo Biloba in piazza delle Poste a Verona: al Parco delle Colombare, un vecchio gelso; numerose piante secolari al Parco Villa Sigurta’ a Valeggio; a Dolcè, un cipresso; un Bagolaro, detto anche spacca sassi, a corte Pietà, Sona.
Proprio qualche anno fa, Chiara Castagna ha scritto una tesi sugli alberi monumentali della Lessinia, e generosamente mi ha concesso di consultare il suo lavoro. Vi sono catalogati con precisione scientifica gli alberi presenti sul territorio del Parco, insieme ad una mappa che permette di localizzarli. E vi è un interessante osservazione: gli alberi vengono definiti monumentali non tanto per le dimensioni o l’età, quanto per l’importanza storica e culturale che essi rivestono in un territorio, si tratti di paese, città, quartiere. Gli alberi sono simbolo di stabilità, rifugio per gli animali, fonte di nutrimento per gli esseri viventi, ornamento per giardini e strade. Come dice Alfonso Alessandrini in Gli alberi monumentali d’Italia, gli alberi sono “….guerrieri del presente, avamposti della vita, protagonisti della storia e della leggenda, indicatori del tempo, della civiltà, simboli del costume, punti di riferimento per uccelli, pastori, monaci, soldati, amanti, mercanti, artisti, mendicanti, bracconieri e briganti”.
La mia formazione letteraria mi ha portato nei giorni di preparazione a questo convegno a curiosare tra i libri. E naturalmente sono innumerevoli le suggestioni relative alla presenza di alberi nella letteratura: la casa del nespolo nei Malavoglia, i boschi nelle storie piene di magia e suggestioni di Mario Rigoni Stern, fino ad arrivare agli alberi parlanti e che addirittura camminano, nel fantasy Il signore degli anelli.
Visto il tempo limitato, scelgo in questa sede di soffermarmi su alcuni alberi divenuti simbolo di Verona, grazie anche a spunti letterari ad essi ispirati.
Cito oggi due luoghi che ospitano alberi monumentali in tutti i sensi: per dimensioni, età, valore storico.
Il primo, il giardino Giusti. Nel 1786, Johann Wolfgang von Goethe, padre e gigante della letteratura tedesca, parte per un viaggio in Italia. Resta memorabile la sua sosta a Verona. La nostra città e la nostra provincia sono state rese immortali anche grazie alle suggestioni di questo geniale uomo di lettere e di scienze, capace di emozionare con i suoi versi intere generazioni, e al tempo stesso di osservare con arguzia e curiosità ogni dettaglio dei luoghi che visitava. Goethe esce dal Giardino Giusti con in mano un ramo di cipresso, come era usanza allora per i forestieri che vi facevano visita.
“Quei rami li avevo presi nel giardino Giusti, che è situato in posizione magnifica ed è ricco d’altissimi cipressi, ritti nel cielo come altrettante lesine. I tassi tagliati a punta, tipici del giardinaggio nordico, sono probabilmente imitazioni di questo splendido figlio della natura. Un albero che dal basso fino alla vetta protende verso il cielo tutti i suoi rami, i più vecchi come i più giovani, e che vive i suoi buoni trecent’anni, è davvero venerabile”.
Il secondo luogo: piazza delle Poste a Verona. Ho la fortuna di passarci quasi ogni giorno, per quella piazza, e appena ci si avvicina i due ginkgo biloba si offrono alla vista in tutto il loro splendore: credo che non vi sia niente di più bello, in autunno, che quella distesa di foglie gialle, una nuvola di colore. Il ginkgo biloba è una pianta chiamata anche fossile vivente: antico, bello, maestoso e speciale, con quelle foglie che si diramano e che somigliano a ventagli. E Goethe dedica al Gingko una splendida poesia:
“La foglia di quest’albero, dall’oriente affidato al mio giardino, segreto senso fa assaporare così come al sapiente piace fare. E’ una sola cosa viva, che in se stessa si è divisa O son due, che scelto anno si conoscan come una? In risposta a tal domanda, trovai forse il giusto senso. Non avverti nei miei canti ch’io son uno e doppio insieme?”
Insomma, il poeta coglie il dualismo e le contraddizioni della natura umana nell’immagine della foglia del ginkgo, suggestionando i lettori e donando un’aura incantevole a questa antichissima pianta venuta dall’Oriente.
Ma passiamo ora alle dolenti note. La convivenza con gli alberi non sempre è semplice. Le scelte urbanistiche, i lavori per la costruzione di case e parcheggi, il sovrappopolamento nelle città hanno reso difficile la vita degli alberi, e li hanno spesso condannati a morte. Magari adducendo scuse banali, come la sicurezza. Nella maggior parte dei casi gli alberi potrebbero essere curati e mantenuti in vita con accorgimenti poco onerosi. Su questo tema, non posso non ricordare il Processo agli alberi dello scorso novembre 2012, contro i tagli di alberi in città. Un gruppo di cittadini veronesi, tra i quali un noto avvocato, hanno messo in scena una vera e propria arringa pubblica a difesa degli alberi, simulando un processo nel quale erano chiamati in causa gli aguzzini decisi a eliminare dei veri e propri monumenti naturali. Vi sono state inoltre manifestazioni a Verona contro il taglio di alberi in piazza Corrubio e sulle Regaste san Zeno: problemi di gestione di alberi vecchi e pericolanti che però restano il simbolo della città. Fa sicuramente male, a me e ai nostri ospiti di oggi, vedere alberi privi delle loro chiome, potati selvaggiamente e ridotti a moncherini, svuotati della loro bellezza e della loro funzione preziosa di offrire ombra, verde e aria più pulita. Personalmente, quando qualche tempo fa ho sentito la proposta di costruire un parcheggio in piazza delle Poste, il cui progetto avrebbe implicato l’abbattimento dei due ginkgo, mi sono sentita morire. Grazie al cielo il progetto almeno per ora, è naufragato.
Nell’introduzione ad Arboreto salvatico, Rigoni Stern ricorda che “per chi profanava un bosco sacro, in certi casi c’era la pena di morte, perché dagli alberi erano nati gli dei e gli uomini”.
Sempre Rigoni Stern parla del tiglio, “albero di giustizia perché attorno ad esso si riunivano i saggi”. Un albero a me molto caro, che mi ricorda le passeggiate con la nonna bolzanina a raccogliere i profumatissimi fiori, ideali per le tisane invernali, che inebriano le strade delle nostre città e che abbiamo la fortuna di avere anche qui a Verona.
Per concludere, lancio un’idea che è insieme una provocazione: vi invito a riscoprire un’antichissima pratica che accomuna culture molto diverse e distanti tra loro: dagli Indiani d’America ai tibetani agli aborigeni australiani. Abbracciate gli alberi. Questi popoli sono convinti che il contato fisico con gli alberi ci aiuti a ritrovare l’armonia con il mondo vegetale e dunque con la Terra. Seguiamo questi consigli.
Silvia Allegri