L’assenza di empatia genera mostri

L’assenza di empatia genera mostri.

L’ho detto tante volte tra le righe, quando ho affrontato il tema della violenza di genere per i giornali. Dove mi è sempre stato chiesto di essere moderata, attendendomi alle indicazioni sulla lunghezza del pezzo, magari dando spazio a intervistati. Oggi l’intervistata sono io, e mi sento libera, nel mio spazio, di dire la mia opinione senza tanti giri di parole.

La recente morte di Giulia, una ragazza ammazzata dal suo ex perché, semplicemente, una storia d’amore a volte può finire, è un orrore. Un orrore che fa rumore più degli altri perché i protagonisti sono giovanissimi, perché abitano vicino a casa nostra, perché l’età media delle donne uccise dai propri ex, o attuali compagni-fidanzati-mariti in tanti casi è più alta.

Ho chiesto un parere ai miei studenti, mi sono confrontata con le mie amiche, ho parlato con uomini miei coetanei. Ho osservato, con un certo dispiacere, riportare frasi scritte e pronunciate da altri. “Io non voglio scusarmi per colpe non mie, io non sono come quell’assassino”, mi dice qualcuno.

Io invece penso che di colpe ne abbiamo tante, tutti noi. Se per noi intendiamo una società, un insieme di persone che condividono spazi e sono tenute a rispettare delle regole in cambio della garanzia dei loro diritti.

Siamo colpevoli di trasmettere ai giovani l’idea che la vita sia un videogioco, dove l’esistenza degli altri è qualcosa di effimero e dove ognuno è libero di fare ciò che si sente in base agli impulsi del momento. Sento di troppi ragazzi lasciati soli nelle loro camerette, a navigare su Internet e attingere, indisturbati, a contenuti diseducativi, privi delle informazioni che il mondo adulto dovrebbe dare loro, accompagnandoli nella crescita necessaria per renderli esseri umani dignitosi e dotati di cultura.

Vedo, soprattutto, l’assenza di empatia. Ci si concentra sulle frasi riportate da un giornale, da un politico, da un personaggio famoso. E non ci si immedesima nell’altro. Nel padre di una figlia morta dissanguata per volontà di un ex, nel padre o nella madre di un figlio che uccidendo una donna ha cancellato una vita e ha distrutto un’intera famiglia.

Io so immedesimarmi. Si chiama empatia. Significa sentire addosso il dolore degli altri, significa non abusare mai della propria forza se abbiamo davanti un essere che non può difendersi. Sia esso umano o non umano. Nell’antica Grecia, la culla della nostra civiltà, la tracotanza veniva punita dagli dei. Non si sfida con la prepotenza chi è più debole, perché è un segno di pochezza, vigliaccheria, stupidità.

L’empatia è un dono e una condanna, in un mondo marcio come il nostro, ma è anche una dote che si può imparare a coltivare, se ci si spinge oltre i propri bisogni più meschini. L’assenza di empatia genera mostri.

Noto con dispiacere che è ancora pieno di donne che si vergognano a parlare e vivono nella paura. Ragazze che sottovalutano le prime avvisaglie di violenza. Un insulto, una minaccia, un commento volgare è violenza. Semplicemente, è il primo step di un percorso senza ritorno, se non si ha l’accortezza di scappare prima. Parlate, chiamate i numeri a nostra disposizione, proteggetevi, dico alle donne che mi leggono.

Disprezzo fortemente chi mette al mondo figli per lasciarli allo sbaraglio. Come giornalista, come educatrice, come insegnante di materie umanistiche e di scrittura emozionale, ho il dovere di far riflettere le mie studentesse e i miei studenti sulle atrocità di questo mondo. E ricordare che ci vuole un secondo a diventare dei mostri, se non si è capaci di controllare i propri impulsi. E che viviamo in un mondo dove il potere è ancora in mano agli uomini, dove le donne hanno, a parità di valore, meno diritti, dove si ha paura a uscire la sera, e ci si deve sempre girare al minimo rumore, se una strada è buia.

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Silvia Allegri
Silvia Allegri è giornalista, saggista e appassionata di animali. Organizza attività di approccio con gli animali, trekking someggiati e corsi di scrittura. Partecipa a seminari e conferenze. Per informazioni e contatti scrivi a silvia@silviaallegri.it
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