Lo stress inutile di chi corre, e insulta le persone che vanno piano, è solo uno dei tantissimi temi affrontati durante una magnifica conversazione privata con il professor Vittorino Andreoli. Ho il privilegio di conoscerlo, intervistarlo e incontrarlo, per raccontare i suoi libri e la sua attività di divulgatore scientifico. Ma le nostre chiacchierate, programmate per avere il tempo che ci è necessario, sono anche un’occasione di scambi di punti di vista diversi, e di comune ironia nel guardare la frenesia che ha preso possesso della gente e da cui qualcuno, come noi, si tiene a debita distanza. Nel suo saggio La dittatura del denaro, da poco in libreria, Andreoli racconta le follie della nostra società e tutte le conseguenze catastrofiche che il denaro e la fretta si portano dietro. Chi ha fretta, in sostanza, qualche problema ce l’ha. Anche se non lo nota, preso come è dall’attività che lo gratifica di più: insultare gli altri.
Ecco qui un passo che mi sta particolarmente a cuore:
«Un valore economico è poter compiere qualche piccolo errore senza sentirsi immediatamente offesi e giudicati. Ed è una condizione particolarmente evidente per chi guida l’automobile, causando un rallentamento del traffico semplicemente perché, alla guida del veicolo, sta rispettando i limiti di velocità indicati dalla segnaletica stradale. È questo uno dei tanti episodi di violenza verbale ma talora fisica, che si lega solo alla fretta e non alla necessità di compiere un’azione per impedire tem- pestivamente un danno. Corrisponde a una «pulsione» falsamente sostenuta dall’idea che un uomo impegnato debba sempre correre».
Ma correre dove? Per scappare da cosa? Mi fanno quasi pena le campionesse e i campioni di sorpassi, che poi mi ritrovo a fianco al semaforo, magari, o che con tutta la loro fretta hanno guadagnato un minuto e sono convinti di avere in mano un premio Nobel.
Parlando insieme al professore non solo ho l’opportunità di passare in rassegna i comportamenti assurdi di tante persone che mi circondano, i super indaffarati, super stressati, super di corsa, super traboccanti di appuntamenti, quelli che “devo guardare la mia agenda e poi ti faccio sapere”. Ma anche di guardare con soddisfazione alle mie scelte di vita. Alla lentezza, alle relazioni, poche ma buone, che ho voluto coltivare negli anni, agli spazi che mi sono conquistata. Beata te, mi risponde qualcuno. Troppo preso dalle sue turbe mentali per capire che a scegliere siamo noi. E che le scelte hanno un costo, tutte. Una cosa è certa: di scontentezza ne hanno a volontà, anche quelli che cercano di camuffarla fingendosi sempre felici e impegnatissimi, e la vediamo anche se guardiamo lo sguardo mesto di chi vive lamentandosi, o passando da un luogo all’altro senza nemmeno accorgersi di chi gli sta vicino.
L’idea dei corsi di scrittura emozionale è nata godendomi la lentezza e pensando a quanto sia importante per le persone riscoprirla attraverso una pratica di scrittura e tanto altro.
Ringrazio anche da qui il professor Andreoli, per la sua stima e per la bellezza delle nostre conversazioni. Insieme a lui ho potuto osservare tante piccole miserie umane rimettendole al posto che meritano, a partire dal stress inutile di chi corre. E mi auguro che la mia recensione al suo ultimo libro, in uscita a breve su Verona Fedele, possa essere uno stimolo per tanti, soprattutto per i frettolosi e per le loro stressatissime agende.