Se penso che tre giorni fa ero seduta in mezzo al prato con Christian e Luca, e mentre parlavamo si sono avvicinati spontaneamente Lorenzone, Natalia, Ettore, Lollo… mi vengono gli occhi lucidi. ‘Ognuno di loro ha un nome, perché gli animali sono persone e non possono essere identificati con un numero’, ha detto Christian. E ha ragione, e per fortuna siamo sempre di più a pensarla come lui.
Sono ancora emozionata, ricordando le stupende ore trascorse alla Fattoria della Pace Ippoasi. Una visita che programmavo da tempo, e un piccolo viaggio che finalmente si è concretizzato. In questo luogo bellissimo, a pochi chilometri dal mare, in provincia di Pisa, sono ospitati maiali, capre, mucche, galline, anatre, cavalli, asini, pecore. Creature salvate da un brutto destino di sfruttamento, adottate, sequestrate, e che qui possono vivere con la certezza di non essere mai maltrattate.
Parlare con Christian mi ha aiutato: ci si rende conto di come a volte, anche senza volerlo, il nostro modo di pensare sia condizionato da un linguaggio e da abitudini che portano a pensare agli animali come a cose che ci appartengono, che noi in qualche modo possiamo sottomettere. Dietro a gesti banali e ad abitudini radicate in noi non ci rendiamo conto di quanto tiranneggiamo la natura e i suoi abitanti, in un’ottica di sfruttamento in cui l’unico obiettivo sembra il soddisfacimento delle nostre assurde abitudini: bere latte, una sostanza naturale utilizzata dalle mamme per svezzare i loro cuccioli, anche da adulti; consumare carne senza ricordare che quelle bistecche sono parte del corpo di un animale costretto a vivere una vita di sofferenza e schiavitù; sfruttare il terreno, le risorse della natura, senza riflettere sul fatto che la terra è un bene prezioso da custodire e condividere, con moderazione e cura.
A Ippoasi si sta bene, ci si sente protetti, in armonia con tutto il resto del mondo. Si sta seduti nell’erba e mentre si chiacchiera un muso si avvicina ad annusare e osservare, e poi si allontana; si possono vedere animali che interagiscono tra loro senza costrizioni. Alcuni accettano di farsi accarezzare, altri si accontentano di scambiare uno sguardo. Tutto è fatto con rispetto, e i visitatori che arrivano, come dice Christian, imparano a conoscere gli animali guardandoli con occhi nuovi. ‘Chi esce da Ippoasi non può più dire: non lo sapevo’. Perché con pacatezza ma grande fermezza si mettono a nudo le atrocità di cui sono vittime ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo, migliaia di animali, in tutto il mondo. Ma si offrono anche soluzioni, suggerimenti, per migliorarsi e dare vita a una vera rivoluzione pacifica.
Oasi di pace e di benessere, dove ritrovare la speranza di un mondo nuovo, più vero, più giusto per tutti. E grazie a Gorgo, per avere accettato le mie carezze.