L’edizione numero 50 di Vinitaly è finita da qualche giorno ma non si farà dimenticare: personalmente me la sono davvero gustata, quest’anno. Con tre giornate in fiera all’insegna di degustazioni, curiosità, storie bellissime da ascoltare e da raccontare, angoli d’Italia da scoprire. Quando poi si frequenta Vinitaly con la consapevolezza che si ha la possibilità di fare un virtuale giro d’Italia, con le sue eccellenze, è davvero necessario armarsi di carta e penna e annotarsi tutto, per continuare l’esplorazione anche a salone terminato e, perché no, pianificare piccoli e grandi viaggi alla scoperta dei luoghi, delle tradizioni, delle bontà di questo paese.
Le aspettative sono state soddisfatte in pieno: basta dare un’occhiata ai numeri. Se il wine business in fiera ha registrato la presenza di 130mila operatori, tra cui 2.357 giornalisti accreditati provenienti da 140 nazioni, e ha visto superare lo storico record di 100mila metri quadrati netti espositivi, con più di 4.100 espositori, il fuori salone Vinitaly and the City, pensato su misura per i wine lovers, ha contato ben 29mila visitatori che con un buon calice in mano sono andati alla scoperta della città e delle sue bellezze. La scelta di dividere i luoghi del business da quelli della degustazione di piacere sembra essere stata vincente, e ha permesso di organizzare, nei quattro giorni di durata del salone, più di 300 appuntamenti rivolti agli esperti del settore: dal convegno sul risparmio energetico legato alla scelta di vitigni resistenti al vino come alleato per la salute, fino al Forum dei ministeri dell’Agricoltura dei principali paesi europei produttori di vino, svoltosi nei giorni della kermesse.
Il bilancio insomma è decisamente positivo, e ci conferma che il vino si è trasformato in un campo di esplorazione e ricerca capace di coinvolgere innumerevoli figure professionali: produttori, tecnici, sommelier, ristoratori, giornalisti, commercianti, guide e accompagnatori turistici, scrittori, agenti di commercio. Il tema è complesso, e proprio questa consapevolezza ha spinto e spinge tuttora verso la necessità di educare il consumatore e il cultore del vino. Certamente non si possono ignorare le ‘tendenze’ del momento: perché anche il vino, come la moda e il design, cambia ciclicamente, adattandosi alle esigenze dei consumatori e di una società in continuo mutamento. L’edizione appena passata, ad esempio, sancisce il trionfo delle ‘bollicine’, in tutte le loro declinazioni, e dei vini bianchi, rosati e spumanti, che nell’era dei wine drinks incontrano un larghissimo consenso tra i consumatori. Vini che non sono più associati, come un tempo, alle occasioni speciali, quando si apriva la bottiglia per festeggiare una ricorrenza, ma si sono trasformati in un piccolo piacere quotidiano, accompagnando i pasti ma soprattutto gli aperitivi, e non soltanto nelle stagioni calde, momento dell’anno in cui il vino bianco viene di solito preferito ai grandi rossi corposi. Poi, tra le curiosità che faranno piacere a tutti gli amanti del vino, emerge l’attenzione al portafoglio, spiccata più che mai in tempi di crisi. Prezzo alto non è necessariamente garanzia di qualità, e ‘piovono’ così i suggerimenti, a partire dalla classifica Pop Wine2016, dove il sommelier Luca Gardini indica i 50 migliori vini italiani pop, ossia a prezzi popolari, sotto i 15 euro.
Da donna, e studentessa di un corso per sommelier, non posso poi non notare con vero piacere l’aumento incredibile delle professioniste del vino: le donne sommelier sono letteralmente travolte da premi e riconoscimenti a livello mondiale, e le produttrici di vino si stanno facendo largo in un mondo che solo alcuni anni fa era tutto al maschile. La carta vincente delle donne? Il loro fiuto, sopraffino, la loro capacità di comunicare e raccontare, la versatilità.
Ma il vero motore del settore sembra essere, ormai da qualche anno, l’enoturismo: la voglia di bere va dunque a braccetto con la voglia di conoscere i vini, e con questi la storia, il territorio, le tradizioni regionali. Questo spiega il fortissimo aumento delle aziende che propongono visite e degustazioni in cantina, ‘calate’ all’interno di pacchetti vacanza, dove alla buona bottiglia sono associati percorsi alla scoperta dei tesori architettonici e naturalistici d’Italia. Ecco allora che grazie a questo trend accanto ai vini freschi tornano a guadagnare consensi anche i grandi classici: dal Barbera al Lambrusco, dal Chianti al Merlot, dall’Amarone al Brunello, i vini che hanno fatto la storia e reso famosa l’enologia italiana tornano, rivisitati e sostenuti da sistemi di lavorazione sempre più all’avanguardia, e vengono gustati nelle cantine insieme ai produttori stessi, che affiancati a enotecnici e sommelier accompagnano i viaggiatori del gusto raccontando i prodotti e vendendoli direttamente alla clientela.
Non poteva mancare, poi, un’attenzione speciale riservata alle nuove leve del mondo dell’enologia: durante la conferenza-evento Young to young, giunta quest’anno alla sua terza edizione, i giovani produttori hanno incontrato i giovani comunicatori e i giovani consumatori esperti di eno-gastronomia, per raccontare le storie vincenti di nuove piccole aziende. Vale la pena di ricordare, infine, la grande presenza di Vinitaly sulle riviste specializzate e sul web, e il boom sui social: con oltre 38.800 tweet, 9.450 immagini e 10.900 utenti coinvolti tra Twitter e Instagram, la rassegna di Verona si è confermata tra le più seguite nel panorama delle fiere del vino mondiale. Un segno, questo, di come il futuro del vino sia fortemente legato alla comunicazione. E di come l’attenzione verso il prodotto di qualità sia la mossa vincente per incoraggiare un consumo moderato e consapevole, dove al primo posto siano messe sempre la qualità e la competitività, per affrontare il mercato interno e la sfida dell’internazionalizzazione.